Semi al vento - Forum di incontro e discussione

Fiaba olistica

« Older   Newer »
  Share  
filu'
view post Posted on 8/2/2008, 23:20     +1   -1




(Ho letto questo articolo e l'ho trovato molto interessante, sembra proprio una fiaba...)

di Marilena Malinverni

In Bhutan, l'ultimo regno buddista himalayano, la popolazione vive in armonia con la natura e la religione. Perciò il turismo è a numero chiuso

Yeshey Rinchen sembra un monaco buddista come tanti: testa rasata, tunica bordeaux, sorriso sereno. In realtà il religioso di mezza età è uno dei personaggi più venerati - e in questo momento più in vista - del Bhutan. È uno dei quattro astrologi di corte, quelli che il re del piccolo regno incastonato tra India e Cina consulta sui temi più disparati, dai matrimoni alle date propizie per le più importanti scelte politiche. Lama Rinchen si stringe nel pesante scialle rosso di lana di yak che lo protegge dalla gelida alba dell'Himalaya, guarda fisso in camera come chiunque poco abituato alla tv, e dichiara con una punta di orgoglio all'inviato della Bbs (Bhutan Broadcastin Service), l'emittente di Stato: "Sì, il re ci ha chiesto di trovare le date favorevoli per le elezioni del 2008. Abbiamo fatto i calcoli sul movimento di pianeti e stelle e abbiamo stabilito alcune giornate fauste. Non posso dare i dettagli, ma ci sono tre date, a marzo, aprile e maggio".

Queste elezioni, che trasformeranno dopo cent'anni il Bhutan da monarchia assoluta a monarchia costituzionale, sono l'ultimo capitolo di una precisa politica di innovazione che l'ex re Jigme Singye Wangchuk (nel dicembre 2006 ha abdicato in favore del figlio Khesar) ha costruito per portare Druk Yul, il Paese del Drago, come in lingua locale si chiama il Bhutan, nel XXI secolo. Laureato a Oxford, sovrano dell'ultimo regno buddista himalayano dal 1972 - quando successe a 17 anni al padre come quarto Druk Gyalpo, Prezioso Sovrano del Popolo del Drago - re Singye, in poco più di trent'anni, ha posto fine all'isolamento del Paese e ne ha favorito la modernizzazione. "È necessario preservare la nostra identità culturale per evitare che il Bhutan segua la stessa sorte degli altri regni himalayani come il Nepal, il Sikkim, il Ladakh e il Tibet, integrati in altre nazioni o annichiliti da altre culture", ripete ancora oggi l'ex monarca sul Kuensel, il settimanale nazionale, o alla tv di Stato. "Conservazione e sviluppo" è la formula applicata da Singye per raggiungere il Fil, "Felicità interna lorda", (nella sua visione politica d'ispirazione buddista da preferire al Pil), che nel miglioramento degli standard di vita comprende il benessere spirituale dell'individuo e la salvaguardia dei valori culturali e dell'ambiente.

Il meccanismo che il sovrano ha adottato è sofisticato e semplice insieme: ha aperto - cautamente - le frontiere al turismo, limitando gli ingressi a settemila all'anno, e ha fissato una "tassa di soggiorno" di 200 dollari al giorno, di cui il 30 per cento va allo Stato. Con questo denaro ha garantito l'istruzione e l'assistenza sanitaria gratuita alla popolazione, costruendo scuole e ospedali - o presidi sanitari - di medicina sia occidentale sia tibetana, anche nei villaggi più remoti, oltre i quattromila metri.

image



Nello stesso tempo gli ingressi a numero limitato hanno avuto il duplice effetto di creare un turismo ecosostenibile e di evitare forme di colonizzazione culturale. L'identità nazionale, poi, è stata difesa anche attraverso una serie di simboli esteriori della bhutanesità: per legge tutti hanno l'obbligo di indossare l'abito tradizionale (il gho, una specie di kimono a quadri gli uomini e la kira, una tunica diritta le donne) e le nuove costruzioni sono vincolate al rispetto dei canoni dell'architettura locale (edifici imponenti bianchi con finestre di legno e decori di conchiglie, fiori di loto, falli e altri simboli del buddismo tantrico). La tv fino al 1999 era bandita perché considerata portatrice di corruzione morale e dal 2004 sono vietati il tabacco e le borse di plastica.

Ultimo atto, la svolta democratica e il futuro in mano ai giovani: re Khesar ha 26 anni e il Parlamento sarà composto da trentenni grazie alla nuova legge elettorale che ammette solo candidati laureati, e qui solo le ultime generazioni hanno frequentato il college. La grande comunità monastica, per esempio. I seimila religiosi (il Bhutan ha circa 700mila abitanti) contestano la politica turistica reale perché molti dzong, gli antichi monasteri-fortezza dove risiedono, hanno dovuto aprirsi agli stranieri, che sono stati ammessi anche agli tsechu, le grandi feste/rappresentazione teatrale che scandiscono le stagioni. E pure l'emergente borghesia urbana di Thimphu, la piccola capitale, e di Paro, la seconda città, è contrariata: i giovani mal sopportano l'abbigliamento tradizionale, ora che grazie alla tv hanno scoperto la moda occidentale, e i piccoli imprenditori turistici si lamentano del numero chiuso imposto agli ingressi di stranieri che impedisce al business di svilupparsi.

Ma sono problemi di una minoranza, di gente di città. Nei villaggi nascosti nelle profondità delle gole himalayane, i bhutanesi vivono ancora in armonia con una tradizione olistica che integra religione, legge, arte, natura e tutela dell'ambiente. I pastori con la ruota delle preghiere sempre in mano portano al pascolo gli yak sotto le nevi del Jomolhari, del Kula Kangri e delle altre montagne sacre - e perciò mai violate da spedizioni alpine - che sfiorano i settemila metri.
Come cristallizzata in un Medioevo fiabesco, la gente racconta con la certezza della fede di tesori con gli insegnamenti del Buddha nascosti in laghi cristallini, di demoni che infestavano le valli ora schiacciati sotto le decine di santuari che scandiscono il paesaggio, di santi arrivati in volo su una tigre a fondare monasteri ancora off limits per gli stranieri.


image



La religione offre persino immagini per descrivere la società contemporanea. Durante una festa nel maestoso dzong di Tongsa il capovillaggio, guardando le danze dei monaci che raccontano la vittoria del buddismo sui serpenti, i draghi, i mostri-simbolo dell'illusorietà della realtà sensibile, osservava: "Il Bhutan è in una specie di Bardo, il luogo buddista tra i cicli della morte e della rinascita.
Bisognerà vedere se nella prossima vita sarà una nazione modernizzata ma con una sua identità precisa o un ennesimo piccolo Paese del Terzo mondo preda di conflitti sociali, corruzione e materialismo".

Fonte: La Repubblica delle Donne



 
Top
0 replies since 8/2/2008, 23:20   1426 views
  Share