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Diego Armando Maradona: la favola

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kai mimiki
view post Posted on 11/11/2015, 14:11 by: kai mimiki     +2   +1   -1
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La favola di Maradona

La sua storia a puntate - 5
di Mimmo Carratelli


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Diego Maradona alza la Coppa di Campione del Mondo Juniores
(Foto tratta dal sito ufficiale www.diegomaradona.com)



Il Flaco non ti mollerà più. Sei nel giro stabile della nazionale, Diego. I campioni del mondo del 1978 si concedono una partita di gloria. Affronteranno, nello stadio del River, il Resto del mondo.
E’ il 25 giugno 1979. Stavolta ci sei. Formazione biancoceleste: Fillol; Olguin, Tarantini; Galvan, Gallego, Passarella; Houseman, Ardiles, Luque, Maradona, Valencia. La maglia numero 10 è tua. Il Resto del mondo l’allena l’italiano con la pipa, Enzo Bearzot. Ci stanno dentro Paolo Rossi, Krol, Platini, Zico. Ti marca Tardelli.
Sei il meraviglioso funambolo che porta in vantaggio l’Argentina. Un gollazo al brasiliano Leao. Dai spettacolo. Ma Galvan fa autogol e Zico regala la vittoria al Resto. Il “Clarin” esce con questo titolo: “La fiesta fue de Argentina y el resultado para el Resto del mundo”. Pazienza.
C’è il Flaco che vuole vittorie. La nazionale maggiore, dopo il mondiale vinto, dà poche soddisfazioni. Vediamo coi ragazzini. A Tokyo è in programma il Torneo mondiale juniores. Hola, Diego. In tre anni hai segnato 73 gol. Sei il miglior giocatore sudamericano. Sei la “stella” della nazionale dei minori di anni venti. Proviamo a fare bingo.
Tokyo, settembre 1979, è il tuo trionfo. La piccola Argentina vola. Sei il capitano. La dirigi e la trascini come un veterano. Fai gol e fai fare gol. Fai le suggestive veroniche dei grandi assi. José Maria Munoz, il telecronista più grosso e più pazzo di football che si sia mai visto e sentito, urla il tuo nome per l’emittente Rivadavia. Maradona, Maradona, Maradona. Le partite, in diretta, sono diffuse in Argentina alle quattro del mattino. Li svegli tutti. Svegli anche Claudia. Per lei eri il gran capitano.
Trio d’attacco stupendo: Barbas, Ramòn Diaz, che è la nuova “stella” del River, e Diego Armando Maradona, il tesoro dell’Argentinos Juniors. Con l’Indonesia è una passeggiata: 5-0 e doppietta personale. 1-0 alla Jugoslavia. 4-1 alla Polonia e firmi un gol. 5-0 all’Algeria e il Flaco ti ha fatto riposare, piangi da matto nello spogliatoio. Non vuoi riposarti mai. 2-0 all’Uruguay in semifinale, rete di Diaz e gol tuo, di testa. I guaglioni di Montevideo picchiano, la loro è una “scuola” di duri, gli fai un gol salvando le gambe.
Finalissima con l’Urss, campione in carica. Duri i russi, ma non cattivi come gli uruguayani. Le tue delizie li ammansiscono. Ma quelli vanno in vantaggio, maledizione. Pareggia Alves su rigore. La paura va via. Dai a Diaz la palla del sorpasso, un invito a nozze. Poi, dal tuo scrigno, tiri fuori la magìa del calcio di punizione. Finisce 3-1.
I giapponesi organizzano una scenografia da brividi. Spengono tutte le luci dello stadio e lasciano che un solo fascio luminoso ti segua con la squadra in un memorabile giro del campo. Il Flaco si coccola una vittoria meravigliosa. Sei il miglior giocatore del torneo e quel monumento vivente di Joao Havelange, presidente della Fifa, ti consegna la coppa. José Maria Munoz continua a gridare: Maradona, Maradona, Maradona.
Hai vinto il tuo mondiale. Ritorno trionfale a Buenos Aires. Lo Sheffield United chiede al presidente Consoli quanto costi: il padrone dell’Argentinos spara un miliardo e 200 milioni, il club inglese si ritira annichilito. Il Barcellona offre due miliardi. Ma il presidente Grondona blocca ogni espatrio in vista dei Mondiali del 1982 in Spagna.
Ti ricordi, Diego, il premio che ti concedesti? Andiamo al mare, dicesti a tutta la tua famiglia. Giorni felici sulla spiaggia di Atlàntida, in Uruguay. E a papà Chitoro dicesti: “Hai cinquant’anni, hai lavorato duro sempre, ora smettila. Ora tocca a me”. Grande campione, splendido figlio.

12/5/2004

La favola di Maradona

La sua storia a puntate - 6
di Mimmo Carratelli


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Diego Maradona nel Boca Juniors
(Foto tratta dal sito ufficiale www.diegomaradona.com)


Hola, nene. Il 1980 è l’ultimo anno nell’Argentinos Juniors. “Los bichos”, le bestiole, così chiamano i suoi giocatori. Segni il gol numero 100 contro il San Lorenzo. Un difensore matto del Colo Colo, in un’amichevole a Santiago del Cile, all’ultimo minuto quasi ti spacca il ginocchio destro. Devi andare all’ospedale, in ambulanza.
Il gioco si fa duro, la fanciullezza è alle spalle. Hai solo vent’anni, ma sei il bersaglio di tutti. Jorge Cyterszpiller coordina le giovanili dell’Argentinos, ti ronza attorno, avete fatto amicizia e un giorno gli dici: “Ehi, zuccone, perché non ti occupi delle mie cose?”. Detto fatto. Jorge è il tuo primo manager, è anche un amico. Spesso vai a dormire a casa sua, a La Paternal. Giocate a scarabeo, sei uno di famiglia.
All’Argentinos le cose non vanno bene. Sbagli un rigore e insultano tuo padre. Questo non lo sopporti. Papà Chitoro è il tuo vecchio, l’uomo che ha rinunciato alle barche per lavorare duro al mulino Tritumol, dodici ore al giorno, per l’immensa famiglia che ha sulle spalle, otto figli.
Vuole far soldi l’Argentinos e tu sei un vero tesoro. Il presidente del River, Aragòn Cabrera, ti vuole nel suo club. L’Argentinos chiede tre milioni di dollari, la tua quotazione sale ogni anno, e ora sei campione del mondo juniores dopo l’impresa di Tokyo. Ma il River non ti piace e papà Chitoro ti racconta d’avere sognato che giocavi nel Boca Juniors. E’ stata la vostra squadra, il Boca, quando andavate a vederla giocare alla Bombonera prendendo il tram, e tu eri solo un ragazzino.
Ti piace il Boca e pensi proprio d’andarci. Lavori di cervello e inventi una bugia per i giornalisti. “Non firmo per il River perché mi ha chiamato il Boca”. Non è vero niente, ma al Boca si eccitano. Non gli pare vero di averti. Vuoi proprio andarci? E tu gli dici di sì.
Il Boca è tra le squadre più popolari d’Argentina, fondato dal siciliano Esteban Baglietto quand’era il 1905, nel rione dei genovesi emigrati a Buenos Aires. E si chiamò Boca perché ebbe la prima sede sulla darsena allo sbocco (boca) del Riachuelo, un fiumiciattolo che andava a perdersi nel Rio de la Plata, l’estuario più largo del mondo, fino a 220 chilometri fra la riva argentina e quella uruguayana, col grande porto di Buenos Aires aperto sull’oceano.
Curiosamente, la squadra prese i colori dalla bandiera della prima nave che i fondatori videro nel Rio: era svedese e i colori furono giallo e blu. Così nacque la maglia blu con la fascia orizzontale gialla.
Era un rione di matti la Boca, artisti e prostitute, e lavoratori portuali. La Bombonera accrebbe il mito della squadra di calcio. Costruita nel 1938, quando sorse stretta fra le povere case di lamiera del quartiere, trasferita nel 1957 al centro del quartiere, ristrutturata nel 1996 per 80mila spettatori, le pareti esterne decorate dall’artista plastico Pérez Celis con la storia della società di calcio e del rione. Da ragazzo, ti mancava il fiato a vederla. Urlava la folla, definita “la doce”, il dodicesimo uomo in campo: “Ogni giorno ti voglio più bene, Boca Juniors. Sei un sentimento, non mi posso fermare”. E lo slogan era: “Il Boca è metà Argentina più uno”.
Pancho Varallo ne era stato un formidabile artillero, Piranha Sarlanga il centravanti più formidabile, Boyè l’ala atomica, Alfredo Rojas il “tanque”, carrarmato, e Antonio Ubaldo Rattin, difensore insuperabile, l’idolo della cancha, con Silvio Marzolini, terzino sinistro di grande classe, figlio di un carpentiere udinese. Una storia bella e grande fino alla rivalità tra il Boca di Angelillo, il ballerino del gol che venne all’Inter per 90 milioni di lire nel 1957, e il River di Sivori, il cabezon inimitabile, il sinistro più fantastico e maligno della storia del calcio, che si trasferì nello stesso anno alla Juventus. Tu, Dieguito, non eri ancora nato.
Il problema è che il River ha i soldi e il Boca neanche un pesos. Ma tu vuoi il Boca. Trenta ore di trattative ti portano alla squadra amata. L’Argentinos ti trasferisce in prestito, dal 20 febbraio 1981 al 30 giugno 1982, per 4 milioni di dollari (4 miliardi di lire) più una vagonata di giocatori che erano rappresentati, guarda tu le coincidenze della vita, da Guillermo Coppola. Firmi il contratto davanti alle telecamere di Canal 13 col presidente del Boca Martin Benito Noel. E’ un contratto di quattro pagine con cavilli e corollari. Il Boca si dissangua. S’impegna anche ad assumersi il debito di 400 milioni di lire che l’Argentinos ha con la Federcalcio argentina. Il tuo ingaggio è pari a 600 milioni di lire, più 720 milioni di stipendi per due anni, premi per 250 milioni e 600 milioni di premio per le amichevoli. Nasce La “Maradona Producciones” con Jorge Cyterszpiller. La Toyota propone un miliardo e 200 milioni di lire per potere accoppiare la tua foto all’ultimo modello delle sue auto.
Il Boca si dissangua. Tu gli dai il tuo cuore e il sinistro d’incantesimo. Vedremo come andrà.

16/5/2004

La favola di Maradona

La sua storia a puntate - 7
di Mimmo Carratelli



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Diego Maradona nel Boca Juniors
(Foto tratta dal sito ufficiale www.diegomaradona.com)


Il calcio non è il gioco che hai sognato, Diego. Il calcio è anche invidia e gelosie, è violenza e soldi. Il calcio è il Boca dove l’allenatore Silvio Marzolini, che ne era stato un idolo giocando da terzino sinistro, ti dice: “Se avevi prerogative nell’Argentinos, qui non ne avrai”.
Non ti piace Marzolini e non ti piace il preparatore fisico Gustavo Habbegger. Il calcio è arte, non palestra. I dirigenti si impicciano. Un giorno viene Pablo Abbatangelo nello spogliatoio e urla ai giocatori: “Non vi impegnate”. Gli rispondi per le rime davanti alle telecamere di “60 minutos”, la trasmissione di Monica Cahen: “Solo uno stupido può parlare così”.
Per il passaggio al Boca, la tua nuova squadra organizza un’amichevole con l’Argentinos. Giochi il primo tempo coi tuoi vecchi compagni, la ripresa col Boca, davanti a 25mila spettatori. Segni un gol per l’Argentinos, poi trascini il Boca. Ma sono i tuoi vecchi compagni a vincere 3-2. E’ il 20 febbraio 1981. Alla fine della partita, regali la tua ultima maglia dell’Argentinos al vecchio Cornejo, il tuo scopritore quand’eri un bimbo a Villa Fiorito, che è venuto a vederti. Due giorni dopo, scocca il tuo debutto ufficiale alla Bombonera, il Boca contro il Talleres di Cordoba, 4-1, un milione di dollari d’incasso.
Entri in campo facendoti il segno della croce. Comincia una nuova vita. Fai due gol, su rigore. Il dottor Luigi Pintos deve farti una infiltrazione. Che cosa ne sa la gente in quali condizioni un calciatore gioca? A volte, è proprio una sofferenza, ma lo spettacolo deve andare avanti.
Confidi agli amici: “All’Argentinos, dovunque fossi, mi passavano la palla. Al Boca, no”. Ti viene uno strappo e il Boca gioca quattro partite senza di te e le vince. Dunque, non sei indispensabile? I gelosi della squadra gongolano. Torni contro il Newell’s (2-2) e segni su rigore. Sul campo dell’Independiente segni il primo gol su azione col Boca. Il campionato è duro e il duello al vertice col Ferrocarril è tosto.
Il derby col River è sempre una dannazione, ma va alla grande alla Bombonera (3-0) sotto una pioggia battente. Segni con la manina, la prima di una serie famosa, e il gol ti viene annullato. Ma scateni Miguelito Brindisi a fare due gol e tu fai il terzo a Fillol. E’ il 10 aprile 1981, il tuo primo derby. In campo arriva di tutto, le urla dei tifosi, rotoli di carta igienica come stelle filanti, arance, qualsiasi cosa. Papà Chitoro ti guarda dal settore E. L’esuberante telecronista José Maria Munoz urla i tuoi gol nel suo microfono.
Scopri cose che non immaginavi. Il Boca si raduna a “La Candela” nel rione di San Justo, una zona poco sicura. Nei ritiri, ti rallegra la chitarra di Pancho Sa. Ma è un’altra musica quella dei sostenitori estremi che piombano a “La Candela”. Il loro capo, José Barritta, detto il Nonno, urla: “Se non vincete il campionato vi ammazziamo”. Circolano pistole. Ma tu sei già il loro idolo. “Non ti vogliono passare la palla” ti dicono. E Barrito aggiunge: “Tu, nene, devi diventare il capitano”.
Lo scontro col Ferrocarril alla Bombonera si gioca il 2 agosto 1981. Hugo Gatti, il portiere matto e capellone che gioca con un legaccio intorno alla fronte per trattenersi i capelli, rientra dopo l’infortunio, siete più sicuri. E, infatti, il “loco” salva più volte la porta del Boca finché con un guizzo dei tuoi non mandi in gol un altro dei matti, Perotti, l’attaccante con le lune. Filate in testa al campionato.
E’ festa grande alla Bombonera per la partita col Racing (1-1) che consegna il titolo al Boca. Le tribune vibrano, in campo è un pazzo giro d’onore. Nella calca, ti raggiunge tuo fratello Hugo, el turco. Ti urla qualcosa all’orecchio. Finalmente capisci. “L’Argentinos si è salvato” urla Hugo. Un’altra bella notizia. Senza di te, i “bichos” erano precipitati.
Il Boca deve far soldi e arrivano nuove voci da Barcellona. Ti vogliono laggiù. La pressione su di te è enorme. Il Boca va a giocare due amichevoli in Costa d’Avorio. L’entusiasmo degli africani per te ad Abidjan ti sorprende. Confidi: “Fuori mi trattano come un re, in Argentina no”. E’ il veleno del calcio, pibe. E’ il prezzo della gloria. Il talento si paga, così vogliono quelli che non l’hanno e sono la maggioranza.
Ora abiti in una casa più grande, a Buenos Aires, in Calle Lascano e giri in Mercedes. La Spagna ti tenta. L’avventura al Boca si esaurisce in due stagioni, e la seconda è una delusione. Tu lasci il timbro di 35 gol. Sei il capocannoniere a ripetizione.

20/5/2004
 
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