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Diego Armando Maradona: la favola

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kai mimiki
view post Posted on 7/2/2016, 19:52 by: kai mimiki     +2   +1   -1
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La favola di Maradona

La sua storia a puntate - 18
di Mimmo Carratelli


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Joan Gaspart,
vicepresidente del Barcellona nel 1984



Venerdì 29 giugno 1984. Hotel Princesa Sofia di Barcellona dove si sono sistemati Antonio Juliano e i consiglieri del Napoli Dino Celentano e Isaia. Due giorni alla chiusura delle liste di trasferimento. Totonno ha la soffiata giusta. Un incontro fortunato al bar dell’albergo e trova la “chiave” per sbloccare la vicenda. Non è il presidente Nuñez che resiste, Diego, è Gaspart che vuole trattenerti a Barcellona. E’ da Gaspart che Juliano deve andare. Questo gli dicono ed è la svolta.
Totonno ha avuto una idea per scoprire le carte del Barcellona. Tratta Hugo Sanchez con l’Atletico Madrid. Sanchez interessa al Barcellona. Se il Napoli tratta Sanchez vuol dire che molla Maradona? Sfumano 13 miliardi e sfuma Sanchez? Questo si chiedono al Barça. Si spaventano. Sul bluff-Sanchez gioca Juliano. Si fa condurre da Gaspart. E’ la battaglia decisiva. Il presidente Nuñez non sa nulla.
Gaspart spara: “Dateci un milione e 230mila dollari in più e Maradona è vostro”. Bum! Juliano impassibile: “Non una lira in più di quanto abbiamo concordato e tutte le nostre fideiussioni sono a posto”. Gaspart incassa. E’ un napoletano tosto, Juliano. Tosto e serio. Il catalano cede. Totonno telefona a Ferlaino: “Venga, ingegnere, è fatta”. L’Ingegnere, previdente, ha fatto un altro colpo: ha convinto dieci consiglieri del Napoli a sborsare 200 milioni a testa, fideiussioni garantite dai patrimoni personali. Servono sempre più soldi.
Sabato 30 giugno. Barcellona. L’arrivo di Ferlaino. Ha sempre un aerotaxi a disposizione. Il comandante Plaga ha imparato che non ci sono orari prestabiliti e certi per partire, tornare e ripartire. Sempre all’erta. Tira la cloche e va.
Hotel Princesa Sofia, stanza 1715. Summit napoletano con Ferlaino, Juliano, Celentano, Isaia, il ragionier Pinelli. Totonno: “E’ quasi fatta. Anzi, è fatta. Manca solo la sua firma, ingegnere”. Nell’albergo vanno e vengono Cyterszpiller e il mediatore argentino Minguella.
Il contratto, finalmente. Il contratto che ti porta a Napoli, Diego. Ferlaino corre da Gaspart. C’è l’assenso di Nuñez. “Abbiamo fatto di tutto per scoraggiarvi” dice Gaspart. Firme e controfirme, alle condizioni del Napoli. Ma sono pur sempre 13 miliardi, forse qualcosa in più col dollaro che sale. Totonno Juliano ha compiuto il miracolo, l’Ingegnere lo completa.
E’ sabato, quasi sera. Bisogna rientrare precipitosamente da Barcellona a Milano per depositare in Lega il contratto vero che ti porta a Napoli, niño de oro e di quaranta giorni di spasimi. A mezzanotte scadono i termini.
Comandante Plaga, si riparte. Decollo dall’aeroporto Llobregat di Barcellona, atterraggio alla Malpensa di Milano. L’Ingegnere cuor contento corre nuovamente in Lega che è sbarrata, naturalmente. E’ notte inoltrata ed è giorno di festa. Corrado ritrova la guardia giurata, più sbalordita che sorpresa, alla quale aveva detto “torno subito” consegnandole un plico. Si fa ridare il plico (che non serve più, ha la busta col contratto vero).
Memorabile notte del 30 giugno 1984. Che ora è ? Prima o dopo la mezzanotte, prima o dopo la scadenza del termine per depositare la documentazione del trasferimento? Più dopo che prima? Mistero. La guardia giurata segnala a Ferlaino un impiegato napoletano alle poste milanesi che può favorire l’inoltro notturno della raccomandata diretta alla Lega.
Corre ancora l’Ingegnere. L’impiegato napoletano timbra la raccomandata. Ci chiediamo ancora: era mezzanotte, quasi lo era, oppure era passata?
Sulla consegna della raccomandata Ferlaino si diverte a dire: “Non ricordo che ora fosse. Arrivai trafelato alle poste. Non ebbi il tempo di guardare l’orologio”. Adorabile bugiardo. Si assicurò bene che ora fosse. Orologio o non orologio, “doveva” essere prima della mezzanotte sul fuso orario di Milano, il tempo ultimo perché la raccomandata fosse ritenuta valida in Lega.
In Lega la ritennero valida.
Albeggia a Napoli il primo luglio 1984, domenica. I giornali preparano le edizioni straordinarie. Hanno saputo. L’hanno saputo tutti. Così vanno le cose da noi, Diego. Lo imparerai. Tutti sanno tutto di tutti. Sanno già che è fatta, che arrivi. Quando? Come? A che ora? Dove? Vorranno esserci ad aspettarti.
Sei contento di venire al Napoli, di liberarti di Barcellona, del Barça e di Nuñez. Ma neanche immagini la festa che sarà.

3/7/2004


La favola di Maradona


La sua storia a puntate - 19
di Mimmo Carratelli


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Ma l’hai visto mai, pibe, un mare più bello del nostro? Il golfo col vulcano, le isole, il castello con l’uovo nascosto di Virgilio che quando si romperà sarà tutto finito, ‘o Vommero dove giocavamo una volta, dopo la guerra, via Caracciolo che vengono da tutto il mondo a passeggiarci...

E l’hai visto mai un popolo così che, in quattro e quattr’otto, ha organizzato questa festa straordinaria per il tuo arrivo? Non è solo una festa. E’ un fuoco pirotecnico di ingegnose trovate, è un commercio subitaneo, un darsi da fare, un passarsi la voce, una industria sotterranea che, in un baleno, dal cuore dei vicoli ha prodotto tutto quello che c’era da produrre per il tuo arrivo. Magliette, palloni, poster, trombe e trombette, striscioni, bandiere, belle statuine, cassette musicali con i primi inni di gloria.

Prima che arrivino quegli ingenuoni della tua “Maradona Producciones”, abbiamo prodotto tutto. C’è allegria e gli affari vanno a gonfie vele, benedetto il tuo arrivo. Stavamo annichiliti e rassegnati, immobili, sotto un cielo bello e su una terra di uomini ingrati. Dimenticati da tutti. Napoli, povera periferia del benessere italiano. All’acciaieria di Bagnoli, che ormai agonizza, altri duemila operai sono andati in cassa integrazione. Due volte il terremoto ci ha fatto tremare.

Poiché sarà un lungo giorno, questo 5 luglio 1984, un giovedì che il Signore ci ha mandato bello e splendente, a Fuorigrotta, dov’è lo stadio per la festa “intima” di settantamila napoletani che ti aspettano al sole, si dispiega tutta la variegata gastronomia partenopea, pizze e pizzette, panini prosciutto e mozzarella, porchette, friarielli e taralli, panzarotti e crocchè, frittate di pasta e pasta cresciuta, birra e coca. Perché, quando abbiamo un sogno, caro Diego, ci viene fame, e poi l’attesa è lunga.

Il pittore salernitano di madonne stradali Alfredo De Leva, che le dipinge sui marciapiedi, ha usato i suoi gessetti colorati per comporre sull’asfalto di Fuorigrotta un tuo gigantesco ritratto coi riccioli neri e la maglia azzurra.

Si sa che arriverai verso le sei del pomeriggio, e ci siamo mossi tutti per tempo, con larghissimo anticipo, perché l’eccitazione è grande. E’ dalla mattina che siamo eccitati, e poi saprai come vanno le cose, a Napoli. Ci affolliamo disordinatamente e il traffico scoppia. Ma, quando c’è un sogno, sappiamo essere ordinati e carini, non facciamo ammuina. Sono i sogni che ci mancano, a Napoli, perciò siamo sempre incazzati neri e facciamo confusione.

Questa festa è proprio ordinata, Fuorigrotta è un grande bazar attorno al “San Paolo” e, alle quattro del pomeriggio, siamo già in molti dentro lo stadio. Mille, duemila e tremila lire il costo dei biglietti per i tre ordini di posti. Avremmo pagato anche il doppio e il triplo perché oggi ci vogliamo “allargare”. Come si dice? Ieri non ero nessuno, oggi so’ ‘nu rre!

Si parla di un tuo fantastico arrivo dal cielo su un elicottero. L’elicottero verrà da Capodichino, e tutt’attorno, sul prato dello stadio, balleranno majorettes di Posillipo e Mergellina e suoneranno violinisti danzanti. Sugli spalti siamo attrezzatissimi: bandiere, striscioni, registratori portatili con le prime musiche inneggianti. Al “San Paolo” c’è un immenso campione di tutta la città. Voglio dire che ci sono donne e bambini, giovani e vecchi, famiglie intere, gente dei rioni popolari e dei quartieri-bene.

Si sta aprendo un incantesimo e vogliamo esserci tutti. Si è incantato l’orologio del “San Paolo” che, per l’emozione, è fermo all’una e mezza e sono già le sei del pomeriggio. I ragazzi della Curva B hanno tamburi di gioia. Ci fossero ancora ‘O Ricciulillo e il Trombettiere, impazzirebbero di commozione. Non c’è più il Comandante. Don Achille se n’è andato due anni fa, a 95 anni, un giorno di novembre, dimenticato da tutti.

Ma che succede? Sulla pista dello stadio, comincia a girare una Dyane azzurra. Sulle fiancate porta scritto con lo spray blu scuro: “Viva il niño de oro”. Sul cofano ha un gigantesco numero 10. Viene srotolato il più grande striscione di benvenuto. Dice. “Nel cielo di Napoli ci sono tante stelle, Maradona è la più splendente”. E’ un telo lungo venti metri. Ormai lo stadio è pieno, sonoro, elettrico.

E alle 18,31 precise….

8/7/2004

La favola di Maradona


La sua storia a puntate - 20
di Mimmo Carratelli


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Diego Maradona nel giorno della presentazione
(Foto tratta dal sito ufficiale www.diegomaradona.com)


All’ultimo momento, pibe, forse temendo le critiche astiose a una felicità esagerata, l’organizzazione dell’evento memorabile rinuncia alla parte più spettacolare del tuo arrivo. Annullata la tua discesa in elicottero sul prato del “San Paolo”.

E scocca finalmente il tempo dell’emozione massima, le 18,31 del 5 luglio 1984. Un respiro accentuato, un aguzzare di occhi, un ondeggiamento sugli spalti e la liberazione di un “oooh” di meraviglia.

Nella ressa dei fotografi, sotto il ronzio delle telecamere, nell’agitarsi di inservienti e poliziotti, sbuchi dal sottopassaggio che è sotto la Curva A. Diego Armando Maradona. Il re è arrivato.

Sei un piccolo ragazzo di un metro e 68. Solo Carlo Iuliano, l’addetto stampa del Napoli, è più piccolo di te e porta occhiali da vista giganteschi come li usa Peppino Di Capri. Ecco la tua testa di riccioli neri. La prima ovazione. Due gambe massicce e una faccia da scugnizzo. Invocazioni e strepiti.

Hai difficoltà a farti largo nella ressa. Ci rinunci, torni. Eri così: pantaloni chiari di una tuta, una maglietta bianca sponsorizzata dalla Puma, una sciarpa azzurra e, ai piedi, scarpette da ginnastica.

Liberiamo il boato dell’accoglienza. Trema lo stadio. Il boato si diffonde per tutti i Campi Flegrei e sale sino alla collina di Posillipo. Accendiamo fuochi d’ogni colore. Sprigioniamo nuvole azzurre da potenti fumogeni. Sei sorpreso. E’ l’accoglienza che non hai avuto in nessun posto dove hai giocato.

Fai un giro di campo, seguito dal codazzo dei fotografi. Saluti. Il “San Paolo” è una cassa armonica di canti e di suoni, il preludio dello stadio sonoro che accompagnerà le tue prodezze domenicali.

Al centro del campo c’è un tappeto di caucciù, azzurro. Ti fermi sul tappeto, ti porgono un microfono. Dagli altoparlanti escono rumori confusi. L’agitazione cessa, stiamo tutti in silenzio. Ed ecco le parole magiche che si diffondono nello stadio, come quelle di Alì Babà davanti alla grotta di Sesamo. Perché le tue prime parole ci aprono il cuore.

“Buonasera, napolitani”.

Un boato. L’emozione va in frantumi e scoppia l’allegria.

Una pausa. Prendi il tuo primo pallone napoletano, reliquia conservata chissà da chi. Il tuo primo calcio a Fuorigrotta col magico piede sinistro. Il pallone s’impenna verso il cielo. E’ un coriandolo, una stella filante, accompagnati da un secondo boato. Il pallone ricade verso la Curva B dove la passione azzurra ha il volto e le voci di ragazzi felici. Sono ragazzi dei quartieri popolari, ragazzi della Sanità e dei Quartieri Spagnoli, di Forcella. Sono i ragazzi di un capopopolo del football, Gennaro Montuori, detto “Palummella”, che dirige canti e battimani, rulli di tamburi e “ola” improvvisate.

Nasce un amore.

Vedo la faccia araba di Ferlaino che si contrae in una smorfia di commozione, chi l’avrebbe mai sospettato? Vedo la terza moglie dell’Ingegnere, Patrizia Boldoni, che somiglia sempre più a Laureen Bacall, vent’anni di differenza con Corrado. Vedo i dirigenti del Napoli con le lacrime agli occhi, il naso d’orientamento di Gianni Punzo, il piccolo e gentile Dino Celentano, l’elegante Isaia, Pasqualino Carbone, il vecchio Gallo con la pelle indurita dal sole e dalla faticosa fortuna fatta in Venezuela. E c’è Josè Alberti l’argentino di Marechiaro.

Non vedo Totonno Juliano, sempre schivo, che ti ha voluto fortissimamente a Napoli. Forse c’è il sindaco Vincenzo Scotti che ha mosso bene le acque stagnanti delle banche per aiutare il Napoli.

Vedo, tra i tifosi organizzati, Crescenzo Chiummariello, una palla d’uomo, sudato e felice, cuore d’oro. Ci sarà Peppino Di Capri? C’è Luciano De Crescenzo, l’ingegnere che scrive libri di amena filosofia letti in tutto il mondo. Forse c’è anche Marisa Laurito, la nostra bella ciaciona dello spettacolo. C’è l’ingegnere Carlo Di Nanni, il giornalista storico, con la sua benedizione, e Tonino Scotti, il giornalista che ama il Napoli di un amore forte.

Ci sono Bruno Pesaola, il caro petisso, che ha gli occhi lucidi, l’immenso Vinicio con donna Flora, e Gennarino Rambone, cuore napoletano, il telefonista del Napoli Mario Parente minuscolo e astuto, e c’è, magro e impassibile, Rino Marchesi che dovrà dirigere l’orchestra azzurra.

Prima del tramonto, la festa è finita. Abbiamo occhi umidi, poca voce e una debolezza dovuta all’emozione e alla lunga giornata. Torniamo a casa con un sogno.

Ma sai, pibe, che somigli proprio ai nostri scugnizzi?

13/07/2004

La favola di Maradona

La sua storia a puntate – 21
di Mimmo Carratelli











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(Foto tratta dal sito ufficiale www.maradona.com)


Estate 1984. Castel del Piano, sull’appennino toscano alle falde del Monte Amiata, romitaggio azzurro precampionato, l’albergo Impero della signora Mariangela Pagni, i tuoi primi guizzi, pibe, con la maglia del Napoli sotto gli occhi di Rino Marchesi. Tremila tifosi giungono dal golfo per vederti. Regali le prime emozioni. Fai quattro gol ai dilettanti del posto, l’ultimo è una prodezza, una rovesciata volante, pallone all’incrocio dei pali. Euforia e ambizioni.

Il Napoli si è rinforzato con Salvatore Bagni, Daniel Bertoni, De Vecchi, Penzo, centravanti un po’ malinconico. Ciro Ferrara è ancora un ragazzino. Ci sono altri ragazzi di speranze: Pietro Puzone, il pulcinella di Acerra, caschetto di capelli neri; Tonino Carannante di Pozzuoli, “palla di gomma”; il caprese di ferro Costanzo Celestini, l’elegantino Massimiliano Favo e Gigi Caffarelli che guizza sulla destra. Beata gioventù.

“E’ il Napoli più forte di tutti i tempi” annuncia Totonno Juliano. “Questo Napoli giocherà all’attacco, ha sei giocatori da zona-gol” dice Rino Marchesi. Per l’amichevole di Pescara siamo una folla. Balziamo in piedi alla tua magia: sei a terra, ma riesci a “sforbiciare” il pallone in rete. Allegria, il portiere del Pescara si chiama Pacchiarotti.

Ma il treno azzurro rallenta in campionato, qualche vittoria, molti striminziti pareggi. C’è da lottare, Diego. L’anno prima ci siamo salvati dalla retrocessione, e c’era Krol. Il debutto è un disastro: maciullati a Verona, il truce Briegel ti monta una guardia feroce. Ero al “Bentegodi” con tutta la squadra del “Guerino”. Ritorno malinconico.

Capisci l’antifona e non ti tiri indietro. Prendi per mano il Napoli che barcolla. Segni il primo gol, su rigore, alla Sampdoria. Con cinque penalty impeccabili, una tripletta alla Lazio e altri sei gol tieni a galla la squadra. Il Napoli affoga nella malinconia e spegne le tue magie. Ti vedo lottare come un umile gregario. Tre sconfitte consecutive ci inchiodano in basso, a dicembre.

Da giovedì ritiro a Vietri sul Mare. Mugugni e contestazioni. E’ l’occasione per uomini veri. Avvengono chiarimenti, c’è una scossa. Alla domenica, 4-3 al “San Paolo” contro l’Udinese di Vinicio. Due rigori a segno col tuo piede mancino e due gol di Bertoni. Ci tiriamo su in classifica. Fino alla fine del campionato perderemo una sola partita.

Heater Parisi, la stellina sgambettante della televisione, ti fa gli occhi dolci. Il Napoli ti regala una Maserati biturbo. C’è un problema: ti chiama la nazionale argentina proiettata verso i Mondiali del 1986. Vai e vieni da Buenos Aires, un tormento. La Federazione minaccia di squalificarti se pianti il Napoli prima della fine del torneo per correre da Bilardo. “Nemmeno Pertini potrà fermarmi” protesti con una delle tue prime spavalderie. Il Napoli accetta che tu faccia il pendolare transoceanico. Ti accontentiamo, pibe, ma facci sognare.

In netto anticipo sul gesto mondiale in Messico contro l’Inghilterra, inventi a Udine la “mano de Dios”, un furtarello da scugnizzo, all’ultima giornata, contro la squadra di Zico. L’arbitro è il leccese Pirandola: non se ne accorge, come capiterà al tunisino Ben Naceur a Città di Messico sotto la porta di Shilton, tu in alto nei cieli con la mano del vendicatore, gli inglesi un grappolo estatico ai tuoi piedi.

A Udine segni una mirabile rete su punizione e pareggi di mano. Zico ti avvicina e ti dice: “Se sei onesto, vai dall’arbitro e fatti annullare il gol”. Lo guardi e con la tua faccia impunita rispondi: “Mi presento, sono Diego Maradona, professione disonesto”.

18/7/2004

La favola di Maradona


La sua storia a puntate - 22
di Mimmo Carratelli





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Scusa, pibe, ti abbiamo deluso. Sei venuto per vincere e, nel primo anno a Napoli, hai dovuto faticare come un gregario per salvare la squadra dalla retrocessione. Tredici punti nel girone d’andata, quintultimo posto in classifica. Venti punti nel girone di ritorno per l’ottavo posto finale.

Quando te ne vai a Buenos Aires per il Natale hai vergogna a dire che la tua nuova squadra ha fatto appena 9 punti in 13 partite, battuta dalla Juve di Platini, dalla Roma di Falcao e dall’Inter di Rummenigge, con due sole vittorie contro avversari modesti, Como e Cremonese. Brutto Natale: tu infelice in Argentina, noi preoccupati a Napoli.

Primo anno e 14 reti, terzo goleador del campionato dietro Platini e Altobelli. Non sopporti di essere il terzo dei cannonieri, non sopporti la mediocrità del centroclassifica col Napoli. Ti abbiamo nascosto che, l’anno prima, ci eravamo salvati per un punto.

Giochi trenta partite di fila in campionato, sei in Coppa Italia (eliminati dal Milan, accidenti). E hai fatto appena 15 giorni di vacanza per presentarti al primo appuntamento con la maglia azzurra. Vuoi essere grande, vuoi fare grande il Napoli. Lo ricordo bene quel primo anno a Castel del Piano. Ti preparasti a dovere perché sapevi che non avresti avuto vita facile contro le difese italiane. Avevi il ricordo di Gentile e dei suoi gomiti al Mondiale dell’82. Dovevi affrontare un campionato atletico, in Italia, meglio però dei calci e delle gomitate in bocca del campionato spagnolo.

Fernando Signorini, che avevi conosciuto ai tempi del brutto incidente in Spagna, è il tuo angelo custode. Ti massaggia l’anima e i muscoli. Tu lo chiami “il cieco” perché non ha una vista formidabile, ma ha mani preziose. Esultiamo per i tuoi colpi di tacco, ma in campo un cerbero come il tedesco Briegel del Verona se ne infischia della tua poesia e ti butta a terra senza rispetto.

La rimonta è stata splendida. Per soli due punti siamo fuori dalla Coppa Uefa. Ti diverti a giocare con Daniel Bertoni che chiami affettuosamente “la troia”, il “chancha” in spagnolo. Ti piace il piccolo Caffarelli che ha 22 anni, è alto un centimetro più di te ed è il piccolo brasiliano di Casoria: il Napoli lo ha pagato due milioni a rate e Mariolino Corso lo ha lanciato nella squadra Primavera. Cominci a legare con Peppe Bruscolotti, un campione in difesa e nella vita. Ammiri il caprese Celestini, 23 anni, magro come un chiodo, ma è fatto di fil di ferro. In allenamento ti diverti a provocare il “giaguaro”: Castellini si danna sui tuoi calci di punizione.

Dietro la mediocre classifica, c’è una squadra che ti adora. Ti senti a casa. Questo è importante, pibe. La classifica migliorerà. E, infatti, al secondo anno si fanno programmi splendidi. Il Napoli si mostra nel cuore della città con la nuova sede in Piazza dei Martiri: scale di ardesia, portone glorioso, saloni con la moquette, piante, divani, porte in radica di noce, balconi che devono annunciare trionfi.

Arriva Italo Allodi, il grande manager, il più elegante. Salda un’antica promessa con Ferlaino. Quando era alla Juve e si prese Zoff, promise: “Un giorno verrò a Napoli”. Tredici anni dopo, promessa mantenuta. Ha giocato da centromediano nel Gladiator di Santa Maria Capua Vetere. E’ un uomo affascinante. Lui chiede: “Perché non decolla il Napoli di Maradona?”. Ferlaino gli risponde: “Perché manca lei”. E Allodi conclude: “Le promesse le mantengo”. E arriva per fare grande il Napoli.

Le sue mosse sono sagge e azzeccate. Assume uno dei più promettenti direttori sportivi, l’avellinese Pier Paolo Marino. Ingaggia Ottavio Bianchi come allenatore. Sistema e potenzia la squadra. Prende Garella “perché è un portiere moderno e ha vinto lo scudetto col Verona”. Strappa Alessandro Renica alla Sampdoria “perché sarà un grande libero”. Risolleva dalla polvere Bruno Giordano che ti consentirà di liberare la tua fantasia. Trova il regista: è Eraldo Pecci, un sapientone del gioco con piedi grandi e illuminati. Vorrebbe Nando De Napoli, ma l’Avellino spara 6 miliardi. Ripiega su Ruben Buriani. Conferma Peppe Bruscolotti, 34 anni, ma è ancora una roccia, da 13 anni nel Napoli, e Moreno Ferrario, azzurro da otto anni. Salvatore Bagni sarà il guerriero di un Napoli più ambizioso. Terzino sinistro fluidificante sarà Massimo Filardi. Allodi chiede che non venga ceduto Caffarelli perché “è il più sudamericano dei napoletani”. E ci sarà Carannante che farà la sua parte di “palla di gomma” sulla fascia sinistra in alternativa a Filardi. Tra i rincalzi eccellenti, Raimondo Marino.
Il sogno comincia ad avverarsi. Poiché nell’86 ci saranno i Campionati del mondo, si comincia in anticipo. Ritiro a Madonna di Campiglio il 10 luglio. Per la stagione 85-86 sarà un grande Napoli.

22/7/2004
 
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