E' già da un po' che si studia il fenomeno della fuga anticipata delle rondini e altri uccelli.
Fuga anticipata delle rondini tradite dal clima impazzito (clicca per leggere l'articolo)LIPU delibera salvarondini (clicca per leggere il testo della delibera)Dal sito della LIPU
Rondine
Chi è?
Genere Hirundo
Specie rustica
Sottospecie presente in Italia rustica
Nomi in altre lingue: Barn swallow (EN), Hirondelle de cheminée (FR), Golondrina comun (ES), Rauchschwalbe (DE)
Vita media: 2-3 anni, età massima riscontrata- 15 anni
Lunghezza: 18-20cm (di cui 7-12cm di coda)
Apertura alare: 30-35cm
Peso: 16-24 gr
Poche sono le specie di uccelli così famigliari e amati come la rondine. Da millenni la rondine ha legato la propria esistenza a quella dell'uomo diventando parte inseparabile del paesaggio e della cultura umana. La Rondine è poi un emblema della migrazione, uno dei fenomeni naturali più affascinanti. Chi non conosce il detto "una rondine non fa primavera"? Le rondini infatti, passano da noi il periodo di riproduzione in estate e poi ci lasciano per svernare in Africa. Questo piccolo uccello di pochi grammi sfida le ostili distese del mediterraneo e del Sahara per compiere il suo lungo viaggio annuale che le porta dall'Europa all'Africa equatoriale.
Ma chi è esattamente la rondine? Fa parte dell'ordine dei Passeriformi e della famiglia degli Irundinidi, rappresentata in Italia da altre quattro specie: Balestruccio, Rondine montana, Topino e Rondine rossiccia. La rondine non va confusa invece con un altro comune abitante delle nostre città, il Rondone che appartiene a tutt'altro ordine, quello degli Apodiformi. Nel mondo ha un areale assai esteso: nidifica in Eurasia e Nordamerica, sverna in Africa, Asia meridionale e Sudamerica. In Italia la troviamo su quasi tutto il territorio nazionale ad eccezione delle zone di alta montagna e di alcune aree del profondo sud.
La Rondine è estremamente specializzata nella caccia aerea. Il suo volo leggero e agile ed il becco largo e ben adattato la rendono abilissima nella cattura di piccoli insetti volatori quali mosche e zanzare. La Rondine frequenta un'ampia gamma di ambienti ma predilige quelli aperti, in particolar modo i campi coltivati, i prati ed i pascoli. Il nido è una piccola coppa aperta, realizzata in fango e posta sopra travi o sporgenze all'interno di edifici rurali (stalle, cascine e via dicendo).
Problemi e minacce
Come molti uccelli legati al paesaggio agricolo tradizionale, la Rondine ha risentito fortemente delle modifiche ambientali seguite alla diffusione della moderna agricoltura intensiva. Uno studio di BirdLife International ha stimato che la popolazione europea di rondini si sia ridotta del 40% tra il 1970 ed il 1990.
Le cause di declino sono molteplici. L'intensificazione dell'agricoltura ha eliminato buona parte delle siepi, dei fossi e dei prati che fornivano alle rondini i terreni di caccia preferiti, il massiccio uso di pesticidi colpisce le rondini sia direttamente che attraverso l'eliminazione degli insetti di cui si nutrono. La ristrutturazione degli edifici rurali (in particolare le stalle) le priva di luoghi adatti alla nidificazione. Altre minacce quali la desertificazione e l'utilizzo di pesticidi (compreso il famigerato DDT ormai da anni vietato in occidente) colpisce le rondini anche nei loro quartieri di svernamento in Africa.
Il Progetto Rondini LIPU
Per contrastare il declino di questo simpatico abitante delle nostre campagne, la LIPU ha lanciato il Progetto Rondini. Si tratta una complessa strategia di intervento che comprende azioni di studio, sensibilizzazione e tutela.
La LIPU da anni conduce una campagna di sensibilizzazione, soprattutto tra gli agricoltori, al problema delle rondini ed al modo per aiutarle. Spesso bastano infatti piccole sensibilità e modesti interventi per rendere l'ambiente più ospitale a questa specie. Quest'opera di sensibilizzazione si basa sulle dieci regole d'oro dell'agricoltore. Un'iniziativa in tal senso è anche la Delibera Salvarondini già adottata da decine di Comuni italiani.
La LIPU sta conducendo un battaglia politica, soprattutto presso l'Unione Europea, per favorire un'agricoltura più sostenibile e meno dannosa per l'ambiente. La rondine è una delle specie chiave che "suonano il campanello d'allarme" su un'agricoltura intensiva estremamente dannosa per la salute dell'ecosistema e dell'uomo.
La LIPU è impegnata in attività di studio e monitoraggio rivolto alla conoscenza delle popolazioni di rondini ed al loro stato di conservazione.
La LIPU ha intrapreso importanti azioni per la tutela dei "roost" ovvero dei dormitori utilizzati dalle rondini durante la migrazione. Si tratta spesso di estesi canneti in cui si riuniscono a passare la notte migliaia di rondini e che servono da tappe di sosta nel loro lungo viaggio. La LIPU sta tentando di garantire la tutela dei maggiori dormitori italiani quali ad esempio Colfiorito, il Lago di Lesina e quello di Varese.
da Corriere.it
Difficile rivedere i grandi stormi. E si adattano specie esotiche
Fuga anticipata delle rondini tradite dal clima impazzito
In crisi gli animali «specialisti». L’usignolo è sparito
MILANO - A settembre, in un tempo che ormai ci pare lontano, era normale vedere i preparativi che le rondini facevano in previsione del lungo viaggio che le avrebbe riportate in Africa a svernare. C’era il richiamo e l’addestramento al loro primo viaggio dei nuovi nati; c’era il riunirsi in stormi vieppiù consistenti. I raduni premigratori, li chiamavano gli esperti. Ma, a parte questi, chi ancora s’accorge, e forse addirittura ha nostalgia, dell’immagine bella di quell’affollarsi di rondini una volta consueta e ormai così rara? Quante sono, al giorno d’oggi, le persone che, per sensibilità e soprattutto per l’esperienza acquisita in tempi lontani, sa ancora percepire e leggere i tanti piccoli segni — segni spesso d’allarme — che l’ambiente costantemente ci invia?
In molte zone del nostro Paese sono, per esempio, scomparsi gli usignoli. Era una gioia sentirne il canto notturno bello e toccante. E chi ancora ha memoria dei concerti, pure notturni, dei grilli, o di quelli diurni delle cicale? Eppure i segnali sono, o almeno sarebbero, chiari e forti, e proprio le rondini, al proposito, avrebbero molto da raccontarci. Perché loro sono animali straordinariamente specializzati. Anche se il declino di questi un po’ magici uccelli è iniziato ormai da molto tempo (e la Lipu, la lega italiana protezione uccelli, non ha mai smesso di allertarci) credo che tutti sappiano che le rondini si nutrono volando, tenendo il loro grande becco — una trappola naturale — ben spalancato. Ebbene, se gli insetticidi hanno fatto fuori la maggior parte degli insetti volanti, oppure, quelli rimasti, li hanno resi velenosi, per le rondini c’è ben poco da fare. E lo stesso può dirsi per le loro notturne controfigure, i pipistrelli. Le rondini, ho scritto prima, sono animali specialisti: hanno cioè messo a punto, nei tempi lunghi della loro evoluzione, un raffinato, talora pressoché perfetto, modo di stare al mondo, adattandosi a un tipo di ambiente prevedibile e stabile. E ho scritto «i tempi lunghi della loro evoluzione», perché si tratta di evoluzione biologica, un processo che appunto è sempre lentissimo.
Ma ecco allora dove sta il problema: ebbene, il problema sta in noi, in noi Homo sapiens, una specie che, piuttosto straordinariamente, è in grado di cambiare il suo comportamento non per evoluzione biologica, ma culturale. Il che significa, tra l’altro, il saper determinare — e sempre più col passare del tempo — anche repentini cambiamenti ambientali. Così i cosiddetti ambienti stabili e prevedibili, essenziali per l’evolversi degli specialismi biologici, la smettono di essere tali. E gli animali specialisti, come le rondini e i pipistrelli, se ne vanno decisamente in crisi. È la biologia, in parole povere, che non tiene il passo, sempre più rapido della nostra, spesso sconsiderata, evoluzione culturale. Ecco allora che questo nostro tempo, che poi è tempo di crisi ecologica, segna il trionfo di quelle specie che sono l’opposto degli specialisti, e cioè gli animali detti generalisti. Sono specie adattate a vivere in ambienti instabili e pertanto scarsamente prevedibili oppure, addirittura, a vivere la vita avventurosa degli animali colonizzatori. Specie, insomma, che in un modo o nell’altro se la cavano sempre. Furbe e opportuniste, con poche regole scritte nel loro Dna e invece con raffinate capacità di apprendimento. Specie che, un po’ eufemisticamente, vengono denominate «problematiche», quali i topi e i ratti, i colombi, gli scarafaggi, anche i cinghiali, in un certo senso. Ebbene, queste specie, generalmente, occupano gli spazi lasciati liberi dagli specialisti sconfitti banalizzando così i differenti ambienti, un tempo ricchi dei cosiddetti «endemismi». Forme cioè che si trovavano, rendendoli l’uno dall’altro unici, ciascuna in un ambiente particolare. Adatte ad esso e ad esso soltanto.
C’è, infine, un altro segnale che l’ambiente ci manda: la presenza di tantissime specie esotiche, installatesi perché sfuggite alla cattività o, peggio ancora, perché rilasciate per scopi venatori o di pesca. Che ci fanno, per esempio, i variopinti pappagalli che volano tra le palme di Palermo, di Genova, di Roma e di altre nostre città? E che ci fa nei nostri maggiori corsi d’acqua il siluro del Danubio, un gigantesco pesce-gatto? Ecco allora che, in questi casi, peraltro assai frequenti, la banalizzazione addirittura si internazionalizza e noi possiamo parlare, a pieno titolo, di globalizzazione zoologica.
Danilo Mainardi
04 settembre 2009