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Napoli fonografica Incisioni d'epoca della Canzone Napoletana

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filu'
view post Posted on 12/8/2010, 23:59 by: filu'     +1   -1




Breve storia della Canzone Napoletana



La canzone napoletana è una breve composizione fatta di un testo poetico in dialetto e di musica semplice da riprodurre ovvero da arrangiare, per strumento d'accompagnamento, per piccolo insieme d'accompagnamento o per orchestra. La ricchezza di questo fenomeno musicale è derivata dalla serie di influenze, scambi e fusioni stilistiche, frutto di intense dinamiche storiche e sociali, interne ed esterne al territorio campano.
Le invasioni e le dominazioni straniere, l'inurbamento cinquecentesco delle popolazioni provenienti dalla provincia, con il conseguente apporto di forme espressive derivate dalla cultura rurale, le abitudini e le forme del consumo musicale dei ceti più elevati, con i relativi sistemi di diffusione della musica attraverso la stampa ed i prodotti musicali consumati al di fuori delle antiche occasioni rituali, sono alcune delle componenti che hanno costruito il terreno di crescita di ciò che possiamo parzialmente identificare come cultura musicale napoletana.
La canzone napoletana può iscriversi in questo ambito, con specifici caratteri derivati dai sistemi di produzione, diffusione e consumo.
Limitiamoci ad un breve sguardo cronologico: a napoli nel '500 la recentissima invenzione dei sistemi di stampa viene applicata alla diffusione di un tipo di musica che intonava testi locali, con una spiccata sensibilità per la parte acuta e con un accompagnamento vocale o strumentale già quasi accordale: la "villanella".
La prima raccolta, pubblicata nel 1537, applica per la prima volta il sistema dei libri separati, uno per ogni voce dello scarno impianto polifonico.
E' tale l'importanza del musico artigiano e girovago, ormai importante anche fuori dalla corte, che alla fine del '500 si fonda presso la Chiesa di S. Nicola alla Carità la Corporazione dei Musici e dei cantanti Ambulanti.
Insieme ad altre forme simili la villanella alla napoletana influenza, attraverso l'importanza della melodia, le prime esperienze di opera in musica del '600 italiano.
Durante lo stesso secolo, nelle opere del Cortese e del Basile, già si rintraccia la nostalgia per il bel tempo passato, per le forme musicali antiche e per alcuni effetti di abbellimento vocale tipici degli stili esecutivi dei musici locali, in anticipazione dei sentimenti e delle dispute sulla canzone d'epoca moderna.
L'opera buffa napoletana del '700 è stata contemporaneamente debitrice e creditrice verso le forme musicali popolareggianti, ovvero le prime forme di canzone: in alcuni casi è difficile documentare se le ariette in dialetto presenti in molte opere siano adattamenti di un testo ad una melodia preesistente oppure rivestimenti melodici a piccoli poemi popolari.
Nello stesso secolo si rintracciano i primi documenti su i discendenti dei musicisti girovaghi dei secoli precedenti: molti musicisti di strada diffondono le ariette delle opere buffe più in voga, usando forme d'accompagnamento virtuosistico fuori d'ogni regola scolastica: sono i posteggiatori.
Nel secolo seguente varie componenti intervengono a formare la Canzone Napoletana così come la conosciamo oggi, queste sono simili a molti dei cartteri che abbiamo rintracciato nei secoli trascorsi.
Dai primi anni dell'800 vengono adottati nuovi sistemi di stampa, a Napoli si fonda la casa editrice Girard (1809), Guglielmo Cottrau pubblica dal 1825, per questo editore, i "Passatempi Musicali", una raccolta influenzata dalla musica da salotto europea.
Quest'opera, contenente melodie di stampo popolare, pone la base per lo sfruttamento commerciale della Canzone Napoletana.
La pubblicazione dei "Passatempi"conoscerà un enorme successo, con riedizioni fino al 1845, e permetterà al Cottrau di rilevare la casa Girard.
L'intuizione della possibilità di enormi guadagni, spinge Tito Ricordi a rilevare nel 1864 la casa editrice dei fratelli Clausetti.
I notevoli interessi commerciali spingono verso il rilancio della festa di Piedigrotta, nella prima settimana di settembre, con le gare delle nuove canzoni, grande partecipazione popolare, carri allegorici ma soprattutto la promozione a mezzo stampa e la pubblicazione di fascicoli periodici con le canzoni composte per l'occasione.
Le prime di queste furono probabilmente "Ntrainanà", con le musiche di Carlo Fanti e " 'O munno 'a smerza" edite entrambe nel 1887.
Tra il 1880 e il 1920 prende voce la Canzone Napoletana classica, come repertorio prodotto dall'incontro di poeti e musicisti di calibro sicuramente europeo, da Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo a Vincenzo Russo, Libero Bovio ed Ernesto Murolo, da Mario Costa a Salvatore Gambardella, Nicola Valente, Evemero Nardella, Eduardo Di Capuafino a quella sintesi di poesi a musica che fu Raffaele Viviani, attore, cantante, poeta, compositore e commediografo.
I posteggiatori continuano ininterrottamente a portare avanti l'antica tradizione dei musicisti girovaghi.
E' il disco fonografico ad essere un importantissimo sistema di diffusione di un genere che è ancora, nell'ottocento e nei primi decenni del novecento, depositario di un intreccio di abitudini compositive e di stili esecutivi che si corromperanno lentamentefino a perdersi negli anni dell'ultimo conflitto mondiale.
A Napoli nel 1901 è la Società Napoletana di Fonotipia, poi Phonotype, a pubblicare i primi dischi di canzoni napoletane, applicando le moderne di riversaggio e pressaggio da matrici mecaniche.
Prima, nel 1899/1900, erano stati i "Berliner's Grammophone", stampati ad Hannover, a diffondere le grandi interpretazioni di Diego Giannini e Berardo Cantalamessa.
Le opere del repertorio classico sono ancora in parte rintracciabili nelle ristampe di spartiti curati dalle case editrici, ma il patrimonio prezioso degli stili di esecuzione più vicini al periodo d'oro della Canzone Napoletana, si trova consegnato al vinile dei vecchi dischi a 78 giri dei primi anni del nostro secolo (secolo scorso, n.d.filu').
Le antiche voci della Canzone Napoletana documentano, dai vecchi supporti fonografici, sia i tratti fondamentali della contaminazione dello stile etnico, legato alla ritualità, con lo stile urbano (pensiamo alla presenza, nei vecchi repertori, di brani costruiti su le grida dei venditori ambulanti e sull'emissioni "a fronna 'e limone" oppure a certa scansione sillabica) che la sopravvivenza di abitudini esecutive raccontate nella letteratura seicentesca, come la "vienola", effetto di ripetizione smorzata ad eco, già citata da Filippo Sgruttendio nella "Tiorba a Taccone" e rilevabile ancora in alcune esecuzioni registrate negli anni trenta del nostro secolo (secolo scorso, n.d.filu').
La condizione di rarità di questi vecchi supporti fonografici si pone in essere dall'origine: si pensi alle tipiche produzioni discografiche dei primi decenni del novecento, che prevedevano poche decine di copie di una matrice, ed ancora alla facile deperibilità del vinile, oltre alle condizioni d'uso dei vecchi fonografi.
Spesso le rimanenze delle scarse tirature venivano rotte per essere rifuse, così che per ottenere un vinile di risulta estremamente scadente, molte interpretazioni importanti diventavano uniche già poco dopo la loro diffusione.

(continua...)
 
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